Tra le parole chiave del 2020 – proclamato dall’Onu “Anno internazionale della salute delle piante” – ce n’è una che sentiremo (speriamo) sempre più spesso: BIOFILIA,  il SUPERPOTERE di CONNETTERCI e relazionarci con il REGNO VEGETALE e i suoi abitanti, di cui tutti siamo dotati sin dalla nascita ma che solo pochi di noi sanno di avere e hanno imparato a utilizzare.

Secondo David W.Orr professore di Scienze Ambientali e Politica presso l’Oberlin College in Vermont,

la mente umana è un prodotto del Pleistocene, formato dalla natura selvaggia che è ben lungi dall’essere scomparsa.

Questo vorrebbe dire che la nostra storia è nata nella Natura e con lei si è evoluta, almeno fino a poco tempo fa. E che l’impulso percepito da ogni essere umano di avvicinarsi alla Natura selvatica, sia il segno di un lontano ricordo di ciò che rimane della nostra evoluzione, di quelle 100.000 generazioni in cui il genere Homo ha vissuto a stretto contatto con l’ambiente naturale.

E questo l’uomo l’ha sempre saputo. Nel XII secolo, Ildegarda di Bingen – monaca benedettina che mise per iscritto le proprietà terapeutiche delle piante selvatiche – chiama viriditas la forza che agisce nelle piante e in tutti gli esseri viventi. Lo psicologo e filosofo Erich Fromm, conia il termine biofilia, dal greco amore per la vita. Al socio biologo Edward Wilson, professore universitario a Harvard, dobbiamo il merito della formulazione dell’ipotesi di biofilia quale tendenza umana innata di legarsi ad altri esseri viventi, lasciando intendere che la struttura del cervello umano, almeno parzialmente, al momento della nascita, contenga alcune strutture mentali di base che si sviluppano, in qualche modo prevedibile, con e nel contatto con l’ambiente esterno.

La biofilia è fissata nel nostro genoma perché ha avuto un’importante funzione evoluzionistica. Wilson afferma che la nostra mente si avvale di una memoria filogenetica, che è trasmessa di generazione in generazione e potenzialmente proviene da antenati umani. Pertanto, la biofilia può essere intesa come appartenenza innata al resto della vita sulla Terra.

Questo spiegherebbe non solo perché ci piace passeggiare nella Natura, coltivare piante e orti, passare del tempo in un parco, raccogliere frutti selvatici, tutte attività che utilizzano schemi e codici che hanno permesso ai nostri antenati di sopravvivere. Ma anche perché la maggior parte delle persone che vivono nella società occidentale, probabilmente soffrono di una certa forma di deprivazione a causa della mancanza di quegli stimoli naturali e sociali a cui le loro menti sono abituate. Nel contatto con l’ambiente naturale ritroviamo immediato BENESSERE fisico e psicologico, riattiviamo le nostre forze, percepiamo EQUILIBRIO e armonia, prendiamo CONSAPEVOLEZZA di come l’essere umano sia interconnesso con piante e animali, partecipe del meraviglioso ciclo della vita e responsabile della salvezza del pianeta.

L’umanità ha scoperto o crede di aver scoperto il beneficio di qualche prodotto selvatico non della natura nel suo insieme. Ma la natura è un altro termine per salute. Henry David Thoreau

La biofilia – come spiega la psicologa Marcella Danon, insegnante di Ecopsicologia nel corso di Laurea in Scienze e Tecniche psicologiche all’Università della Valle d’Aosta, potrebbe essere

la chiave per superare la crisi e i rischi connessi all’attuale momentanea disconnessione dalla Natura; la garanzia che non dobbiamo imparare nulla di nuovo, ma solo ritrovare un anelito che è già dentro di noi e dargli spazio.

Quindi non scoraggiatevi, serve solo tanto allenamento … e chissà che in futuro non crescano anche a noi  le lunghe trecce con cui i giganti blu che popolano il pianeta Pandora di Avatar, comunicano con gli altri esseri viventi … Una cosa però è certa:

dalla Natura selvaggia dipende la sopravvivenza del mondo. Henry David Thoreau

Grow Wild!